The Bright Side of Bipolar

Saahiwa


The Bright Side of Bipolar

Medium
Digital
audio
Anno
2020
Genere
Electroacoustic,
digital audio
Runtime
00:12:20
Audio Output
Stereo
Instruments and tools
Field recording,
digital processing


Il multiverso è una molteplicità di eventi di grandezza infinita

allo stesso tempo ogni evento unico nell’universo può anche essere percepito indefinitamente in una varietà di modi percettivi, sentendo per quanto possa esistere un percettore.

Saahiwa è una forma di esistenza quando qualcosa si espande attraverso questi metodi percettivi, per essere finalmente svelato ove nulla sembrasse tale, con nuovi occhi.


Biografia

Iniziato alla fine del 2019, Saahiwa è un progetto della musicista georgiana Sophie Zhamurely. Progetti collaterali come Her Ra ne stanno espandendo i precedenti studi di regia all’Università Grigol Robakidze Universitydi Tbilisi. “Ogni canale sensoriale è un universo a sé stante” scrive sguazzando nella contiguità dei linguaggi di processo suonati da un Clavier à lumières. Ma lasciamoci pure avvolgere dagli echi del brano.

Circondata dall’elettronica, Sophie sembra soffermarsi su alcune immagini seriche di derealizzazione sciamanica per intessere arazzi sonori a dieci hertz. “Non scriveva forse il vostro Leonardo Da Vinci che tutto in qualche modo si collega a tutto il resto?” , chiede dallo sfolgorante crocevia sulla Via della Seta. L’avvio comincia ad incedere, cadenzato. Sono ferali entità ctonie, a risuonare nelle sue corde.

Quattro anni di pianoforte e un canto annuale nel famoso coro femminile georgiano Gori l’hanno sintonizzata verso un savoir faire ben temperato. “Sì, sono anche co-fondatrice dell’etichetta di musica sperimentale Borders Of Known ― dichiara educatamente, incalzata dalle domande ― ma non ne parlerei qui”. Strano, potrei giurare di sentire William James che mi avverte di tenere un piede per terra.

Ogni tentativo di saperne di più si spegne nelle sue coordinate cinematografiche. Un avatar restituisce i nomi di Andrej Tarkovsky e Gaspar Noé per poi tornare al silenzio. Alle sue spalle sembra quasi di sentire un cancello da caravanserraglio cigolare flebilmente a lume di candela. Eppure, le favole di Sherazade devono brillare da qualche parte, dietro cupi brontolii di tartari aviotrasportati da profezie autoavveranti.

Qualcuno dice che la conoscenza vada sperimentata, piuttosto che appresa “ipse dixit. Così è facile trovare le sue tracce online, diffuse in una miriade di compilation senza la minima idea di cosa si celi dietro una facciata equanimamente distanziata da chiunque si aggiri nel suo universo percettivo. Resta il brano. Qualcosa da tornare ad ascoltare, laddove si creda di averne afferrato il senso.